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Lo yoga è per tutti?

Lo yoga che si adatta a noi, ai nostri limiti, che altro non sono che vantaggi.

Krinhnamacharya, uno dei più grandi yogi dell’epoca moderna, sosteneva che “…chiunque sia in grado di respirare e di usare le mani è anche in grado di praticare lo yoga”.
Lo yoga è un sistema creativo e non una pratica standardizzata, lo dimostrano i molteplici stili presenti oggigiorno tutti utili ad iniziare un percorso yogico autentico. La varietà di scuole rappresenta una risorsa perché permette di adattare lo yoga alla persona e non la persona allo yoga ed evitare la minima forzatura. 
Sperimentare per trovare lo stile adatto a noi significa entrare nel percorso dello yoga che è ricerca e scoperta individuale.
Scegliendo una pratica che ci permetta di prestare attenzione a quello che si verifica senza essere distratti dalla tensione del corpo, impareremo a rapportarci con la vita sensoriale e a fare un viaggio attraverso il corpo guidati dal respiro. Questo viaggio non richiede abilità fisiche o mentali ma semplicemente l’intenzione, perché è l’intenzione che colora l’azione. 
Stabilire all’inizio della lezione la nostra intenzione (sankalpa) ci permette di abbandonarci morbidamente alle istruzioni dell’insegnante senza entrare in competizione con noi stessi e gli altri. Chiediamoci quindi cosa ci ha portato sul tappetino nel momento presente e assumiamo l’intenzione di fare dell’ascolto del respiro e del corpo il nostro obiettivo principale.
Ogni corpo è diverso e per la sua unicità va rispettato. Se qualcuno si piega in avanti più agevolmente di noi dimostrando un corpo più agile ed elastico non significa che sia più progredito nello yoga. Assumere facilmente un āsana non sempre permette ai sensi di percepire il viaggio di scoperta che si verifica attraverso la consapevolezza del corpo fisico.

Personalmente pur praticando yoga da diverso tempo e insegnandolo da alcuni anni, ho una struttura fisica che non mi consente di assumere diverse āsana di equilibrio sulle mani o di inversione. Dopo aver discusso animatamente con il mio ego ho preferito integrare i miei limiti imparando ad intervenire su di me attraverso l’utilizzo di supporti e adattando la posizione al mio corpo, il tempio della mia anima. Nell’insegnamento i miei limiti fisici rappresentano una grande risorsa aiutandomi a comprendere e prevenire le difficoltà degli allievi e insegnandomi ad essere sensibile alla diversità di chi è presente nella shala yoga.
La postura perfetta è quella eseguita con consapevolezza e piacere e non per corrispondere a un’immagine esteriore.
Secondo i Veda gli antichi testi indiani, inoltre, ci sono tanti āsana quanti gli esseri viventi, quindi le possibilità di trovare una posizione adeguata al corpo altrettanto efficace di una meno adatta è certa. L’āsana è una forma che si manifesta in ogni corpo in modo diverso rendendola unica e meravigliosa come l’essere vivente che raffigura.

Spesso il nostro Super-io che rappresenta l’ideale a cui tendere acquisito con i condizionamenti esterni fin dall’infanzia, ci spinge a insistere e forzare i limiti per raggiungere l’obbiettivo. Nello yoga questo atteggiamento riduce la pratica degli āsana a semplice ginnastica.
I limiti dovrebbero essere intesi come un vantaggio che il nostro corpo ci offre per sviluppare l’attitudine all’osservazione e all’ascolto che si rivela utile nella vita per comprendere le situazioni. Solo cambiando prospettiva quello che ci appariva come un limite può trasformarsi in una opportunità. 
Patanjali propone tra le regole da seguire nel cammino verso lo yoga Ahimsa, la non violenza, intesa come fondamento a livello fisico e mentale del rapporto con noi stessi e con gli altri. 
Durante la nostra sadhana è importante quindi ascoltare l’atteggiamento dei nostri pensieri; sono gentile e compassionevole nell’esprimere il mio vissuto? Ho un atteggiamento giudicante e critico nei miei confronti? Possiamo scegliere noi a quale voce dare spazio rendendo la nostra pratica un momento educativo della mente che per sua natura vuole prevalere sul corpo.
Attraverso l’attento ascolto dei segnali che ci comunica Annamaya kosha possiamo stabilire un contatto autentico con il nostro corpo fisico accogliendone i limiti e agendo così sulla adattabilità di Manomaya kosha, la mente che ci guida nell’azione. 
Un corpo più elastico porta la mente ad essere flessibile e capace di osservare il particolare stando nell’insieme e quindi di adattarsi alle diverse circostanze che la vita ci sottopone.

L’esercizio costante, guidato da un insegnate capace di diffondere il processo dello yoga rendendolo inclusivo, porta inevitabilmente alla flessibilità del corpo, che lentamente si libera di contratture e rigidità risolvendo così anche i blocchi del prana, l’energia vitale, presenti nel corpo sottile. 
Praticando con sincerità e intenzione magicamente il nostro guru interiore ci guiderà come un autentico maestro rivelandoci i segreti del nostro personale viaggio nello yoga attraverso il corpo che ha una intelligenza antica.
Nel processo dello yoga la nostra intenzione non dovrebbe essere quella di agire sul corpo bensì sulla mente, per superare i condizionamenti mentali che operano a sostegno dell’ego, agendo così su Avidyā, la nostra percezione. 
Assumendo l’āsana che il corpo ci regala, abbandoniamo la forma per vivere le sensazioni che si muovono attraverso il respiro e percepiamo la pacificazione mentale, godendo così del viaggio senza pensare alla meta.
Salendo sul tappetino impariamo a portare con noi 3 elementi fondamentali: assenza di giudizio, ascolto e curiosità. All’interno di questo spazio ritroveremo ciò che caratterizza l’esistenza, le sfide, le emozioni, gli entusiasmi e le delusioni. Impariamo a viverle con distensione rilasciando ogni tensione per riportare questo atteggiamento nella vita reale.
Abbandoniamo la maschera che le convenzioni sociali ci impone, i sensi di colpa per il nostro corpo che consideriamo imperfetto o la convinzione di non avere più l’età, e prepariamoci a ricevere i meravigliosi doni dello yoga.
Dare ascolto alla nostra creatività inoltre ci aiuta a prenderci meno sul serio in un percorso che abbiamo scelto di compiere partendo dal corpo, più o meno robusto, vecchio o giovane, verso orizzonti inesplorati.

Buon viaggio a tutti i yogin

Cristina Pecorella
LoYoga Teacher

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